Feste, sagre e fiere

Festa e Fiera di S. Maria della Alizza (Ferragosto)

Presenti numerosi stand gastronomici e gruppi musicali. Inoltre, è attivo il mercato del bestiame, attrezzi agricoli e oggetti vari.

Come è il caso di moltissime altre feste, divenute in seguito cristiane, il ferragosto ha origini pagane: dal latino feriae Augusti - vacanze di Augusto - è una festa istituita nel 18 a.C. dall’Imperatore di Roma che dichiarò il mese di agosto festivo e dedicato a una serie di solenni celebrazioni che si svolgevano nell’acropoli, la zona sacra della città dove sorgevano i templi.

Non sarebbe un azzardo supporre che la fiera della Lizza abbia origini pagane e sia legata alle romane feste augustee; non a caso, nei documenti più antichi, è denominata “fiera del mezzo agosto” lasciando intendere di non avere alcun legame con la solennità religiosa del 15 agosto che festeggiamo oggi.

E anche il luogo è rimasto immutato nei secoli, lì su quel sacro colle dove sorgevano i templi pagani della fiorente città messapica e poi romana, cristianizzato sul giungere dell’anno Mille dai monaci Basiliani venuti dall’oriente e che qui, sulle rovine dei templi, costruirono una chiesa dedicandola a “Santa Maria della Crociata”.

Il documento più antico pervenutoci tuttavia risale al 1484 quando il re di Napoli Ferrante I d’Aragona, concede la franchigia dalle tasse per l’annuale “paniere” che si svolgeva per la durata di otto giorni; tale decreto era finalizzato ad agevolare e far risollevare il commercio in questo territorio dopo l’invasione dei veneziani e il rovinoso assedio e distruzione di Gallipoli.

Questo documento attesta che, nel XV secolo, la fiera era già esistente e anche che era molto importante e partecipata; purtroppo i privilegi concessi da Ferrante d’Aragona decaddero quando Gioacchino Murat nel 1810 riassoggettò la fiera al nuovo regime fiscale del Regno di Napoli e la ridusse ai giorni 13, 14 e 15 agosto.

Le fiere erano il principale riferimento commerciale ed economico: si effettuavano lunghi preparativi e si percorrevano centinaia di chilometri di strade sterrate, con mezzi oggi impensabili e anche a piedi per parteciparvi. E la fiera della Lizza era considerata una delle più importanti tra esse, tale da far confluire masse di mercanti e fedeli anche dalle terre più lontane dell’intera provincia di Terra d’Otranto (che originariamente comprendeva le provincie di Lecce, Brindisi, Taranto e Matera), a tal punto da far sviluppare e sempre più crescere nel corso del tempo, un vero e proprio emporio all’ombra di quell’antichissimo edificio sacro che risultava essere il perno di riferimento attorno al quale gravitava tutto il territorio circostante.

Tutto si svolgeva in prossimità della chiesa dove una vasta area è ancora oggi denominata “Largo fiera”. Qui venivano improvvisate grandi tende da campo dette “bettule” sotto le quali venivano approntati tavoli e sgabelli occupati da mercanti e visitatori e dove, tra un piatto di “pezzetti”, due “‘mboti” e un po’ di “scapece”, “lacciu” e “cupeta te mendule” ci si accordava sulle contrattazioni.

Più distante dalla chiesa venivano invece predisposti steccati e recinti in legno dove esporre cavalli, asini, mucche, maiali, capre, pecore e pennuti chiusi in apposite gabbie e dove vi erano due pozzi per abbeverare le bestie nella calura estiva.

Tra il Settecento e l’Ottocento i due aspetti della festa, religioso e civile, erano organizzati e curati dalla Confraternita di Santa Maria della Lizza; successivamente quelli civili furono demandati a un comitato creatosi appositamente.

Da un’antica tradizione, il 1° agosto gli usci delle case si illuminano con le artistiche lampade realizzate artigianalmente con canne di bambù e carta velina, che generalmente riproducono un bastimento legato all’evento dell’8 dicembre 1723 quando, proprio a bordo di un bastimento, arrivò nel porto di Gallipoli la statua della Protettrice che fu poi portata processionalmente nel vetusto Santuario di Alezio.

Ma l’annuncio dell’arrivo della festa era anche dato, ed è dato ancora oggi, da due musicanti il “fischiettu e tamburru” che dall’alba del 5 agosto fino al tramonto rallegrano le vie del paese; questa consuetudine è antichissima anche se i motivi musicali che oggi vengono eseguiti sono essenzialmente moderni. Sino alla fine dell’800 i due musicanti eseguivano “la Tiara”, un antico motivo popolare di cui si è persa la memoria.

E, nel movimento generale, nessuno dimenticava di entrare in chiesa a onorare la Vergine Assunta in cielo, dispensatrice di grazie e d’oro coperta, la principale meta condivisa da ogni visitatore per sciogliere voti o chiedere grazie (e si testimoniano tante preghiere esaudite) annodando al braccio le variopinte “zagareddre”.

Sino a qualche anno fa vi era l’usanza di baciare le colonnine in pietra del portale della chiesa e di entrare poi nel sacro luogo camminando sulle ginocchia fino alla statua di Maria Assunta. Un flusso che ancora oggi continua quando, nei giorni della festa, un cordone di anime scorre nel tempio fino a tarda notte avvicinandosi ai piedi della Vergine dove in silenzio, a capo chino, sfiorando le sue vesti, si chiede nella supplica un segno di benevolenza.


Festa e Fiera di San Rocco (terza domenica di ottobre)

Le celebrazioni, religiose e civili, durano due giorni.

In onore del Santo protettore si svolge la processione durante la quale, la statua sacra è portata in spalla, in giro per le vie del paese. A seguire, eventi pirotecnici ed eventi gastronomici e musicali.

Il giorno successivo, inizia la Fiera. L'appuntamento si snoda tra bancarelle di prodotto gastronomici e stand di degustazione di vino e castagne.

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